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2003giugno
TREVISO 2003:
Un Successo In “Costruzione”
Venerdì 23 maggio, caldo torrido, nella mia città (Torino) fa tappa lo Zelig Tour ed io dove sono? Da due ore in coda al casello autostradale di Mestre, in rotta per il New Age di Treviso… “mannaggia al lavoro” penso mentalmente mentre grondo di sudore e aggredisco l’ennesima sigaretta.
“E a noi che importa?” penserete leggendo queste righe… Sicuramente nulla, ma non mi dispiaceva l’idea di un inizio un po’ romanzesco.
Alla fine ce la faccio, arrivo al locale, che vedo per la prima volta.. E’ proprio carino, davvero un bel music club questo New Age, ed anche la programmazione concerti è assolutamente di livello. Beh, poteva andarmi peggio. Non sono entrato ancora del tutto che già parte il groove elettronico dei Phonica, prima band ad esibirsi sul palco per la finale trevigiana di Emergenza Festival. Travolto dai ritmi di un bel set percussivo mi concentro e mi calo subito nella parte di spettatore attento, nonché giurato. Arrivano i N.A.M.E., proponendo un punk rock fresco e coinvolgente, ma un po’ leggero; quindi il metal dei Tragoedia, molto impegnati a stupire con “effetti speciali” che neanche il signor Telefunken si immaginava, ma poco attenti “all’arrosto” che già piccolo, brucia. Fa caldo ma la gente entra in continuazione e mentre sale la sete, sul palco ci sono i No Pain, band in equilibrio precario su strade di cover pericolose, ed io mi placo con un succo di pompelmo. Forieri di buone idee da sviluppare arrivano i Breakdown Inc., interessante il loro crossover, possono crescere. E se “ogni momento è quello giusto” tocca proprio ai Mokablackoffee, perdonatemi lo slogan ma ci stava, che propongono un rock italiano di contaminazione varia, che pare ancora un po’ indeciso sulla direzione da prendere.
Mentre il pensiero di essermi perso la Hunziker si affaccia ancora nella mia mente vengo stordito dall’aggressività dei Porno Scum, cugini smascherati degli Slipknot, cattivi ma gradevoli, e poi i Must, ancora crossover, preciso e ben congeniato. Il locale è praticamente pieno di gente, come il tavolo della giuria lo è di bicchieri, è circa mezzanotte, siamo un po’ in ritardo. Ecco un sms, amici mi rincuorano: “lei” a Torino non c’è… Elimino l’ultimo pensiero alla sinuosa figura della biondona svizzera. Tocca ai L.ego ed il link con le costruzioni con cui giocavo da bambino è immediato, come il loro sound, bravi a muoversi in un indie rock in italiano, che lascia discreto spazio ad “immagini” e melodie. In tre arrivano i Crystal Lake, nome importante per una band che tra sound e line up mi ricorda i cari vecchi Therapy, l’energia c’è, ma le idee devono migliorare.
Il pubblico partecipa e questo fa piacere, ai musicisti ma anche a chi fa da spettatore super partes, perchè è giusto regalare un po’ di gloria a questi ragazzi che nella musica mettono tanto impegno. E’ la volta degli Ivy che, forse un po’ stanchi e accaldati, non riescono a dare la giusta incisività al loro giunge, per quanto si abbandonino ad un finale con lancio di chitarra alla Kurt Cobain e, per rimanere “in famiglia”, chiudono le esibizioni i Frances Farmer, con un’intenzione musicale che affonda radici nelle Hole di Courtney Love, tanta energia ma un po’ troppa semplicità, c’è da lavorare.
L’adrenalina sale, grande suspence, vogliamo sapere il vincitore… Stranamente la giuria è concorde nell’assegnazione di tutti i premi e la riunione si spegne in pochi minuti. Alla batteria si è particolarmente distinto per precisione e groove Alberto Buosi il drummer dei Breakdown Inc., ma mi permetterei anche una piccola citazione personale per Davide Calderola il batterista dei L.ego, che mi ha colpito per la fantasia delle “parti”. Il basso dei Mokablackoffee (Michele Malfione) e la chitarra dei Must (Federico Dan) sono gli altri singoli premiati entrambi abili nel sostenere le strutture dei rispettivi brani.
Ma al “Made in Bo” chi ci va? Dai, dal titolo si capisce… Sì i L.ego, bravi nei loro incastri sonori e nel coinvolgimento del pubblico… A loro