Sono stato infatti nuovamente chiamato a recensire le band italiane del festival.
Questa volta si tratta delle oltre 30 band che suoneranno nelle 4 serate in programma da questa sera fino a sabato.
Atterro all'aeroporto di Fiumicino con il mio solito volo da Rotterdam (per una volta finalmente in perfetto orario) e mi godo il sole romano fino alle 7 e 30 quando mi trasferisco con penna, orecchie ben aperte e taccuino davanti al palco del Black out rock club. Un locale davvero bellissimo che mi ricorda la vecchia Arena di Amsterdam o lo 013 di Tilburg.
Dopo settimane di intensa preparazione e di grande attesa eccoci finalmente al grande evento romano che chiude la stagione regolare prima delle due finalissime del 7 ed 8 giugno.
La serata di preannuncia interessante e molto varia.
La aprono con grande freschezza ed energia gli High Flow. Una delle poche band di area rap/hip hop viste quest'anno nella capitale.
I ragazzi sono una piacevole sorpresa. Giovani ma già molto sicuri sul palco mettono insieme uno spettacolo tirato e ficcante che non lascia indifferente il pubblico che sta già cominciano a riempire la grande sala del Black Out. Sicuramente i testi potrebbero essere ulteriormente limati e qualche passaggio potrebbe essere reso più diretto ed efficace ma il gruppo dimostra un'ottima vena compositiva e tecnica a sufficienza per mettere in ombra nomi ben più famosi del panorama rap italiano. Panorama che, secondo molti, comincia a mostrare segni di stanchezza e che guadagnerebbe sicuramente dalla presenza dei giovani High Flow nelle file dei rappers più accreditati.
Ecco i Clessidra. Seconda band di stile completamente diverso. Cantante donna, rock cadenzato e pieno di solida tensione. Atmosfere ben congegnate e ottima tenuta di palco completano un set abbastanza convincente.
La base ritmica, pur mostrando qualche piccola incertezza, riesce a mantenere il groove della band nei binari giusti.
L'intreccio sonoro, sempre semplice ed efficace non manca mai di forza e di profondità. Un trio che non fa mai mancare lo spazio e le distanze tra gli strumenti ma che riesce a riempire con convinzione ogni livello sonoro necessario ad un ottima performance. Gusto, forza e feeling guidati bene dalla singer sempre presente e puntuale. Manca ancora un po' di amalgama e di maturità ma sono una promessa e li seguiremo con piacere in futuro.
E' il turno dei Dharma. I ragazzi sanno come rendere magica l'atmosfera della serata. Momenti di grande dolcezza si fondono con sonorità dure ed aggressive. C'è molto di Patty Smith nella cantante e molta Inghilterra negli arrangiamenti che corrono sulla lama che distingue il progressive dal rock alternative ed il rock inglese dall'altra sponda dell'oceano atlantico.
Andrebbero forse accorciati certi passaggi un po ridondanti e compattata ulteriormente la sezione ritmica che a tratti lavora un po "in salita" ma l'insieme è molto godibile e generoso.
Il pubblico mostra di gradire e segue con attenzione la performance. La cantante carismatica e potente dovrebbe solo evitare qualche sbavatura che impedisce alla sua esibizione di essere perfetta.
Ci avviciniamo al giro di boa e salgono sul palco i Mayflowers. Già dal primo pezzo si capisce che stanno facendo molto sul serio. Charleston in levare e cassa in battere e sonorità che attraversano l'elettronica ed il rock senza perdersi mai in cliché e passaggi banali.
C'è la musica italiana dei Negramaro e dei Subsonica ma c'è anche tanta Europa nella musica day Mayflowers.
La band copre bene il palco. Cantante chitarrista, Tastierista, Bassista e batterista. Ma a sentirli chiudendo gli occhi diresti che sono di più. L'intreccio sonoro è ricchissimo e ben congegnato. Le aperture armoniche ariose e senza fronzoli.
Ottima la scelta dei suoni di chitarra. Mai invadenti e sempre molto appropriati. La musica dei Mayflowers non è mai autoreferenziale. I ragazzi suonano per il pubblico ed il pubblico lo capisce e lo apprezza. Una delle migliori performance viste nella stagione.
IL vero giro di boa arriva proprio quando sul palco salgono gli ospiti d'eccezione della serata. Fuori concorso, prendono possesso della scena i Blind LInes. Una delle band rivelazione della passata stagione che dopo essersi fatta apprezzare nel corso della scorsa annata regalano questa sera 25 scintillanti minuti di musica ineccepibile e professionale alla platea del Black out.
La band mostra di essere cresciuta tanto dal lato tecnico che da quello della sicurezza sul palco.
Se si dovesse confrontare la performance talentuosa ma fragile di un anno fa con quella solida e consapevole dello straordinario cantante Riccardo Laurina non si può che rimanere colpiti dall'evoluzione dell'artista di Albano Laziale.
In effetti Laurina la cui carriera artistica sta decollando tra musica e cinema è il perfetto tassello carismatico di un gruppo sempre solidissimo e capace di passare dai riff e dalla sonorità più lineari agli intrecci armonici più ricercati con una naturalezza disarmante. Davvero una delle band più importanti del panorama romano.
La serata prosegue con il reggae dei Kohra&Papacalura. Gruppetto piacevole e divertente senza molta anima o originalità ma che, per merito di un genere di musica che piace a grandi e piccini, trasforma la serata in una bella festa estiva.
Su di loro non c'è molto da dire, non sono male anche se fanno parte di quelle band che potresti vederne 30 tutte uguali ed alla fine non ti ricordi di nessuna come se fossero tutte le stessa band. Stesse scelte. Stesse sonorità. Stessi interventi vocali. E' sempre la stessa canzone che va. Il gruppo è a tratti piacevole ma deve trovare una propria strada se vuole farsi riconoscere.
Segue il rock degli Slug che però si dimostra meno effervescente di quanto la sala piena meriterebbe.
La band sembra suonare a vuoto. Come se non riuscisse a incanalare le energie per ottenere un risultato efficace.
Il concerto rimane disordinato e confuso. I brani si susseguono senza decollare e nonostante gli sforzi dei generosi musicisti la band rimane bloccata su giri e armonie inconcludenti. Una sezione ritmica che frena la band invece di spingerla in avanti e i brani organizzati in modo piuttosto superficiale e scontato contribuiscono al risultato piuttosto modesto.
Il cantante si agita ma raccoglie poco. Anche il tentativo di rinforzare i brani con dei cori si infrange sulla netta imprecisione delle armonizzazioni sempre fuori nota.
La scelta non sempre felice degli arrangiamenti e molte sbavature nelle esecuzioni completano una performance che lascia infatti freddi i pur numerosi spettatori presenti. Insomma si salva l'energia che non manca e che riesce in parte a rendere godibile la performance degli Slug.
Penultima band della serata i Call Me Eric. La sala li aspetta con curiosità ed i non più giovanissimi musicisti romani provano a convincere con il loro rock che avrebbe dovuto nelle intenzioni essere tirato e suggestivo.
Sfortunatamente l'impasto di blues non molto ben digerito e di rock psichedelico non proprio originalissimo non convince del tutto.
La band ci prova in tutti i modi. Prova a trascinare il pubblico aumentando nervosamente il ritmo ottenendo però di andare fuori giri e di sporcare ulteriormente un esecuzione già non proprio inappuntabile.
I cantanti provano con generosità ad arringare una folla che rimane distratta e il gruppo non sfonda.
Insomma la band non sarebbe male e qualche idea spunta qua e là nel corso della performance ma c'è ancora molto lavoro da fare. In definitiva una band che, almeno per anagrafe, dovrebbe essere - se non fresca - almeno solida ed invece finisce per lasciare piuttosto indifferenti le circa 400 persone presenti in sala. Detto questo il progetto del gruppo è sicuramente interessante e deve solo essere realizzato con impegno e convinzione per funzionare con successo.
Ultima band ad esibirsi sono i giovani Beavers. I ragazzi romani si caricano sulle spalle la sala gremita e trasportano tutti a forza di beat oltre la manica. C'è tanta swinging London nello show del quartetto romano. I brani sono freschi e godibili e per essere perfetti avrebbero solo bisogno di essere sfrondati da qualche passaggio di troppo.
Il cantante è convincente quando canta e lo è meno quando prova ad eccitare la folla urlando frasi piuttosto fatte e risultando un po sopra le righe.
Detto questo la band piace e mostra grande sicurezza e capacità sopratutto per merito degli ottimi brani composti con gusto e talento.
I tempi un po' lunghi lasciati scorrere tra una canzone e l'altra freddano sempre un po lo spettacolo che potrebbe crescere di più. Su questo tipo di tecniche dello spettacolo i giovani musicisti mostrano un po di ingenuità che dovranno superare con l'esperienza. Sono però particolari che non macchiano un ottimo show. Insomma la programmazione di questa prima data al Black Out viene completata dai Beavers in modo più che positivo.
La serata si chiude tra gli applausi a Clessidra, Dharma, Mayflowers e Beavers che passano giustamente il turno raggiungendo la finalissima di Giugno. Peccato per gli ottimi High Flow che hanno mancato il risultato per una manciata di voti.
Rimandati ma non bocciati i Kohra&Papacalura, gli Slug ed i Call Me Eric che lavorando con impegno potranno certamente crescere e ottenere meritati successi.
Erasmus Van Maastricht ©2013