Pur nell'ambito di una sostanziale continuità storica, il rapporto tra palco e massa ha vissuto una serie di alterazioni attraverso le quali si è giunti al modello contemporaneo. Il regime nazista, che ha largamente adottato ritmi e linguaggio della tradizione mistico-religiosa precedente, ha in uguale misura prodotto un'importante cesura ai fini della messa in scena della celebrazione.
L'obiettivo delle messe itineranti dei gesuiti, come quello dei predicatori del XVI secolo rimaneva profondamente legato all'esigenza di conseguire l'espiazione del peccato ed, in definitiva all'obiettivo di salvare la folla dall'eterodossia: la forza della dimensione etica manteneva integralmente tutta la sua predominante centralità. Savonarola, Zwingli, e per altri aspetti gli stessi Lutero e Calvino perseguivano un fine spirituale che (con qualche eccezione per il predicatore francese) non si accordava con la disposizione a regolare modelli quotidiani e regole di convivenza sociali. Questo non significa che i leader gesuiti o riformati fossero insensibili all'importanza del controllo dei comportamenti terreni, al contrario, tanto essi quanto i loro accoliti (per non parlare dei loro avversari), finirono spesso per pagare tragicamente a causa di condotte che non avevano, se non indirettamente, alcuna relazione con la semplice dottrina spirituale.
Il punto è che, persino quando lo sforzo era diretto verso l'edificazione in terra della città dei santi (e quindi ogni strumento di controllo dei comportamenti risultava essenziale), l'aspirazione ultima rimaneva di stampo mistico-spirituale. L'edificazione della città dei santi non era finalizzata alla realizzazione del paradiso sulla terra, essa era uno strumento che poteva essere adottato per permettere la coesistenza morale di uomini capaci di prepararsi per la gioia ultraterrena. La promessa era ancora proiettata verso l'eternità, nessuna società degli uomini, per quanto perfetta, poteva pretendere di competere con il regno di Dio. Ci si riferisce, in questo caso manifestamente, agli esempi della Ginevra di Calvino, ma l’esempio potrebbe utilmente essere adottato in termini più generali. Regolare la vita in comune di questo mondo aveva per fine il permettere la concentrazione verso l'altro.I regimi totalitari adottano la stessa istanza di fedeltà personale, intima, profonda proiettandola, però, verso una promessa di realizzazione materiale e di regola di coesistenza capace di produrre il regno della felicità in terra. L'evoluzione dei fini non rappresenta solo un adeguamento alle diverse realtà culturali e storiche ma, al contrario, muovendo dagli stessi presupposti millenaristici, appare capace di sostituire, come principale obiettivo, la maturazione delle coscienze con il controllo delle stesse. Disporre della fedeltà delle masse rappresenta per i regimi totalitari il fine ultimo al di là del quale non vi è motivo di spingersi. Non vi è un Dio al quale rivolgersi per un giudizio estremo. La folla non va salvata ma gestita, la moltitudine deve essere indirizzata, controllata e comandata non liberata dal male o resa consapevole del peccato.
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19
2012dicembre