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Riti ed eventi di massa

Prosegue l'analisi sociologica dello show biz, del mondo rock e delle grandi manifestazioni.



L'importanza della formazione del comportamento futuro, la "centralità del dopo" muove le sue premesse da differenti punti focali. Ora, se appare evidente che ogni società presenta la tendenza ad orientare e controllare le scelte dei propri membri, questo fenomeno risulta particolarmente trasparente proprio in occasione delle manifestazioni di massa.
Innanzitutto, come si è brevemente accennato, la ricerca della tensione emotiva proiettata al futuro è l'elemento primo capace di sintetizzare la diversità tra gli eventi a matrice "mistica" ed i comuni raduni di folla. Nell'era contemporanea, in occasione del festeggiamento di massa per una vittoria sportiva, similmente a quanto accadeva qualche secolo fa, nelle settimane di festa per la nascita dell'erede al trono, il soggetto della celebrazione rappresenta un elemento consolidato ed, in definitiva capace di rafforzare la conservazione dei modelli comportamentali: si festeggia il successo in modo liberatorio ed appagante ma senza la proiezione verso il prossimo successo. Dinanzi alla notizia della venuta al mondo di un erede al trono, il suddito medioevale esultava per l'ottenuta garanzia di continuità con il passato e non a causa di un profondo elemento di rinnovamento del suo rapporto con il monarca.

La grande celebrazione del rito mistico racchiude al contempo molto più e molto meno di una festa "edonista". Il culto spirituale produce infatti una tensione morale che, in fondo, non contiene altro che una promessa, ma questa sorta di giuramento collettivo evoca un'enorme forza manifesta nell'attesa dell'avvento della trasformazione.
Le liturgie politiche del 1900, le messe solenni dell'età moderna ed i raduni rock contemporanei non hanno niente di consolidato da glorificare, la loro potenza risiede nell'attestazione solenne di una futura vittoria sul male, che si celebri la lotta contro il maligno, quella contro le ingiustizie sociali, quella contro la fame nel mondo o quella contro le nazioni plutocratiche ed egoiste, l'unica realtà tangibile è la presa d'atto di un ostacolo che si frappone tra i partecipanti e la loro realizzazione morale. Il rito edonistico, attraverso la presa d'atto di un risultato già conseguito, libera la tensione trasformando il mondo quotidiano in quello desiderato. Esso sembra incarnare la certezza che sia oggi e qui che si celebra il coronamento degli sforzi passati e, lungi dal produrre una tensione emotiva funge, al contrario, da valvola di sfogo per le inquietudini accumulate.

In questo senso potrebbe risultare utile analizzare quanto i sermoni dei grandi predicatori, come i violenti comizi dei dittatori novecenteschi, fossero in grado di produrre, nei giorni seguenti all'evento, disordini provocati dai partecipanti ai riti, messi in opera nel tentativo di realizzare in pratica (ed in fretta) il disegno promesso dal leader.
Al contempo, se appare chiaro in questi comportamenti l'utilizzo di una riserva endogena di energia morale e di violenza essa viene però liberata dal leader-catalizzatore in grado di accreditare la forza della promessa in misura proporzionale alla capacità di proiettare nel futuro la fedeltà all'idea professata. La perseveranza emotiva indotta dall'evento di massa è quindi il vero obiettivo della celebrazione. Ora, affinché il riverbero delle sensazioni vissute nel corso della cerimonia possa spingersi nel futuro è necessario che il ricordo della manifestazione evochi un sentimento profondo di partecipazione capace di estromettere le abitudini comportamentali dall'orizzonte quotidiano. In questo senso la distorsione del ricordo gioca un ruolo fondamentale. Le differenze individuali, infatti, non potrebbero supportare a lungo il medesimo messaggio o persino le medesime immagini o più precisamente le medesime effigi.

I partecipanti al rito operano quindi inconsciamente, nei giorni seguenti la cerimonia, una trasformazione, si potrebbe dire una trasfigurazione dei ricordi della cerimonia stessa. L'individuo, tornato singolo, piega alle sue esigenze le memorie dell'esperienza vissuta, modifica le parole, i volti, i gesti e talvolta persino il messaggio principale del leader ed appare così capace di ricomporre discorso, immagini e linguaggio da costituire il modello più adatto ed efficace a farsi dirigere nel suo comportamento futuro.

Seppure largamente sopravvalutato ed ormai entrato nel novero dei luoghi comuni degli storici dilettanti, il fenomeno della sovrapposizione di una diversa immagine fisica a quella dei dittatori del XX secolo non si discosta né dalla vocazione comune a molte comunità locali del sedicesimo e diciassettesimo secolo a riconoscere nel messaggio religioso solo le parti compatibili con le esistenti convinzioni ancestrali, né dall'inclinazione delle moderne folle di giovani spettatori ad attribuire alle rock star cognizioni e dottrine visibilmente estranee al messaggio degli artisti. Il ricordo quindi rappresenta un "active recall", una ricostruzione attiva capace di operare all'interno del microcosmo di riferimento una capillare personalizzazione del messaggio originario. La forza e l'efficacia di questo processo appare tanto ampliata quanto l'ideologia di provenienza risulta mancante di solide radici e capace di celare la sua sostanziale indeterminatezza dietro un numero minimo di frasi ad effetto ed indefiniti segnali ideologici.