La tensione emotiva propria dei convegni di massa è il risultato, come abbiamo visto, di una serie di elementi diversi che si sovrappongono per generare l'appeal carismatico necessario al successo dell'incontro. Ora, tutte queste parti richiedono la minuziosa amministrazione di una variabile indispensabile: il tempo.
Se, infatti, l'approssimarsi dell'evento è scandito da una serie di tappe (annunciazione, definizione del luogo, conferma delle date, ecc.) che contribuiscono a propagare l'eccitazione, sono soprattutto i tempi di esecuzione del rito stesso ad esigere la più meticolosa attenzione. Quantunque la durata complessiva delle cerimonie vari enormemente a misura delle differenti epoche e culture, le settimane di festa con le quali si celebrava l'ascesa al soglio dei pontefici dell'evo moderno, le giornate di commemorazione dei caduti della nazione tra le due guerre, le interminabili ore che caratterizzavano le parate militari sovietiche come i 150 minuti di show degli idoli della musica contemporanea riproducono unicamente il diverso rapporto esistente con il "fattore tempo" che non può non caratterizzare le diverse epoche. Quello che associa l'insieme di questi avvenimenti è la ripartizione temporale per stadi della liturgia. In questo senso è possibile ipotizzare l'esistenza di uno schema sostanzialmente rigido, riassumibile in quattro fasi, che caratterizzano il percorso cerimoniale dall'apertura ufficiale alla sua solenne conclusione.
La prima fase è caratterizzata dalla percezione collettiva della fine dell'attesa. L'apertura del rito indica il segnale di cambiamento dello stato emozionale della folla. A questo stadio ognuno dei convenuti esprime in modo endogeno e personale le motivazioni della presenza comune, il palco non rappresenta ancora il soggetto ed il centro nevralgico della tensione nervosa. Così, come in occasione dei raduni rock questa fase dello spettacolo è normalmente affidata a gruppi musicali supporter con il compito specifico di dare inizio allo show dinanzi ad una platea ancora fredda, nelle solenni messe barocche le personalità ed i predicatori di minore importanza erano destinati ad aprire il rito; analogamente nella Russia sovietica l'ordine di passaggio nel corso delle parate militari veniva deciso minuziosamente in funzione dell'importanza che si voleva attribuire alle diverse armi riservando l'apertura ai contingenti che si presumeva fossero i meno amati dal popolo; in modo non dissimile operavano, alquanto macabramente, i rivoluzionari francesi che, quando volevano rendere particolarmente emozionante l'esecuzione, inviavano per primi sul patibolo i condannati meno noti ed "interessanti".
Durante il successivo secondo stadio la rappresentazione proclamata ed annunciata viene interamente celebrata: il concerto, la messa, il discorso politico sono eseguiti dall'inizio alla fine e, tutte le attese dei convenuti, dovrebbero ipoteticamente essere a questo punto soddisfatte dal compimento del programma previsto. Non è raro vedere, in occasione dei raduni rock, sparuti gruppi di spettatori, alieni dalla generale atmosfera di esaltazione, allontanarsi alla fine di questa fase o guardarsi intorno sorpresi ed incapaci di spiegarsi cosa stiano aspettando le altre migliaia di giovani fermi ai loro posti.
La terza fase della cerimonia, infatti, appare incomprensibile a chi non appartenga alla "comunità emotiva" per la quale viene prodotto l'evento. Durante questo stadio il palco rimane deserto, gli officianti lasciano il loro posto lasciando supporre la conclusione del rito. Il vuoto improvviso al centro dello spazio fisico della cerimonia genera la sensazione dell'abbandono, la percezione dolorosa della dipartita e l'effetto drammatico provoca, sin troppo evidentemente, la disposizione psicologica comune a chi deve affrontare il rapporto con l'assenza ed, in definitiva, pone lo spettatore dinanzi alla rappresentazione della morte. Questa fase rappresenta il vero picco emotivo dell'evento: la massa diviene soggetto e protagonista della riunione ribellandosi alla conclusione del culto ed alla dipartita dei personaggi amati. Le reazioni delle folle del seicento, o quelle isteriche dei giovani tedeschi orfani del loro fürher, presentano, in questo senso, qualche eviedente punto in comune da quelle delle migliaia di giovani convenuti per un concerto rock.