Un altro aspetto, al quale si è già fatto brevemente riferimento quando si è affrontato il tema della dimensione ludica propria di ogni riunione, e che può contribuire alla comprensione delle cause emotive che tratteggiano i comportamenti e che distinguono alcuni dei soggetti della nostra analisi, è rappresentato dalla dimensione "carnevalesca", più o meno apertamente integrata negli eventi a grande partecipazione di popolo. Ora, anche quando l’elemento ricreativo non dovesse essere centrale rispetto ai fini della realizzazione dell’happening, si evidenzia la capacità delle riunioni di massa di affrancare i partecipanti dai vincoli comportamentali propri della realtà quotidiana.
Questa liberazione dagli schemi ordinari assume forme diverse e si palesa in misura corrispondente all’importanza rappresentata dall’evento ed essenzialmente proporzionale al carisma attribuito dal pubblico ai leader del raduno. Il rito che si officia concorre così ad intaccare le convenzioni esistenti, attraverso la legittimazione della funzione collettiva, spesso caratterizzata da una sapiente liturgia egualitaria, capace di assimilare uomini e donne, classi più e meno abbienti, razze diverse ed opposte realtà della mappa sociale di riferimento che in condizioni normali non sarebbero state ammesse alla condivisione di spazi ed interessi comuni.
Per quanto episodi di grande risonanza negativa (come ad esempio l’omicidio, durante un grande concerto negli U.S.A., di uno spettatore afro-britannico da parte degli Hell’s Angels, gruppo semi-legale e sostanzialmente razzista, cui è stato per anni appaltato l’ordine pubblico in occasione dei concerti della band inglese Rolling Stones) abbiano spesso messo in dubbio la capacità dei raduni rock di contribuire al superamento delle barriere razziali e alla diffusione della non-violenza, si può in ogni modo individuare, persino nella semplice e nominale disponibilità ufficiale ad acconsentire la presenza di qualsiasi componente etnica, un principio che può aver concorso a cancellare, dal linguaggio dei raduni giovanili, la stessa appartenenza etnica dalla lista delle peculiarità comunemente legittimate ad evocare il "nemico".
In questo senso potrebbe apparire interessante rilevare l'eccezionale rarità delle occasioni a disposizione delle donne nel XVII secolo come dei coloured americani negli anni 60’ di condividere con l'elemento culturalmente e politicamente dominante ambiti, ideali ed aspirazioni spirituali, artistiche o ricreative. Possono risultare tuttavia interessanti, e potrebbero autonomamente costituire il soggetto per un intero lavoro, le modalità e le dimensioni della reale partecipazione delle minoranze subordinate ai raduni di massa. La presenza femminile alle grandi messe itineranti del seicento, come quella dei neri americani nel primo ventennio del secondo dopoguerra doveva, infatti, per essere considerata completamente legittima, essere caratterizzata da una rigorosa adesione e dalla più completa e visibile fede negli ideali celebrati. Quasi che la presenza giustificata dalla sola curiosità dovesse essere esclusivamente destinata ai gruppi dominanti che disponevano della facoltà, in un certo qual modo, di conservare per loro una sorta di sfera riservata della superficialità. Questo elemento, apparentemente di minore importanza, risulta invece interessante quando, come vedremo in seguito, si voglia tracciare il percorso che collega la partecipazione ai consumi. Essere minoranza nella minoranza vincola ad una maggiore coerenza militante e, in definitiva, ad una più fedele propensione all'acquisto eterodiretto.
La liberazione per compiersi esige quindi la presenza di un cerimoniale propizio all'annullamento delle diversità e, se per un verso può apparire evidente la forza emotiva e l'entusiasmo con i quali le basi della piramide sociale si accostano alle riunioni sarebbe per altri versi un errore sottovalutare l'importanza che il riconoscimento comune e reciproco della rispettiva presenza rappresenta per gli esponenti dei ceti regnanti. Dai nobili presenti alle grandi messe di popolo, sino ai capi di stato in tribuna in occasione dei grandi eventi sportivi, la necessità di riconoscersi nelle medesime aspirazioni e negli stessi entusiasmi delle masse non ha mai mancato di costituire un'esigenza profonda della classe dominante.