Questa sopravvalutazione del peso economico dell’industria dello spettacolo è una costante riscontrabile persino in molti critici ed operatori dei media che si occupano direttamente del settore. In fondo la realtà economica principale dell’intero comparto di attività può sembrare paradossale: si potrebbe quasi sostenere che l’intero show-biz produca fatturato per gli altri settori. L’insieme dell’intera cifra d’affari realizzata dalle maggiori major discografiche nel corso di un anno non genera che una percentuale trascurabile di capitali in rapporto ai fatturati di altre categorie merceologiche trainate nei loro consumi dalla presenza sul mercato e sui media delle stesse produzioni discografiche.
Lo show-biz in definitiva funge, più o meno consapevolmente, da cassa di risonanza e “vetrina" per prodotti diversi in grado di produrre realtà economiche più solide e dimensionate. Un simile equivoco è ancora più evidente quando si affronti il problema del messaggio ideologico e politico veicolato dagli artisti. Sono innumerevoli i tentativi di esponenti politici e leader di gruppi sociali di utilizzare gli artisti come media. La formula sembrerebbe a prima vista vincente. L’artista, infatti, viene comunemente ritenuto capace di usare un linguaggio per sua natura recepito da grandi masse o da gruppi normalmente refrattari ai tradizionali slogan politici. Dove lo stesso artista dovesse essere impegnato a veicolare il messaggio il risultato in termini di penetrazione non dovrebbe mancare di efficacia. Che si tratti dell’educazione stradale, della cancellazione del debito dei paesi del terzo mondo, della lotta al consumo di stupefacenti o di messaggi più militanti e propriamente politici non sembra invece che nessun artista abbia realmente la capacità di incidere profondamente sugli orientamenti delle masse quando esse non siano già pronte a recepirne la filosofia ed a riconoscerla come endogena. Questa sostanziale "impotenza ideologica" delle star è da attribuire ai modelli con i quali vengono "generate" le star stesse. E’ dalle convinzioni sociali già diffuse ed adottate dalla massa che nasce in definitiva la filosofia degli artisti contemporanei ed è verso queste certezze ideologiche consolidate che ogni star risulta maggiormente debitrice ed interprete di quanto la si possa considerare traino ed opinion maker. In definitiva, come sostiene provocatoriamente Pierre Boulez:
"il pubblico approva se stesso per essere venuto al concerto e l'applauso, fatte naturalmente le debite eccezioni, è generato il più delle volte da un'autoapprovazione. Approviamo noi stessi per ciò che intendiamo per cultura. Quando si va a vedere qualcosa (e parlo di musica, di teatro, di cose d'arte o di opere letterarie) allora si ricerca questa approvazione di sé."
L’indeterminatezza del messaggio è, infatti, di solito, una peculiarità direttamente proporzionale al successo ed al peso carismatico della star. Non è il sistema ideologico, od il modello politico che caratterizza la capacità della vedette di trainare la massa: la forza e l'efficacia del messaggio è costituita dalla sua potenzialità propedeutica in senso, come si vedrà in seguito, sostanzialmente conservatore.